NUMERO TRE - MARC

NUMERO TRE - MARC

Abbiamo tardato un po’ intervistando Hood14, Marc ci sta già aspettando al bar Rondò, a Milano. In macchina Anna ci chiede come si chiama quella canzone in cui Drefgold dice scrivo tutte parole. Parte Tesla con Sfera, intanto troviamo parcheggio abbastanza velocemente. C’è un po’ di confusione, è ora di aperitivo, ma troviamo un tavolo e nonostante il chiasso del tram che passa lì davanti ma le chiacchiere scorrono come lo spritz nelle cannucce. 



Sasha: Allora cosa c’è nella tua fanzine?
Marc: Direi che è una raccolta di momenti dal 2018 ad oggi, ho cercato di selezionare alcune parti del mio percorso.




Andrea: Approccio cronologico o no?
Marc: L’approccio cronologico non è sulla fanzina ma nell’idea, nel senso che ho fatto un excursus delle fasi in cui mi sono divertito di più ma poi non sono in ordine cronologico, è un po’ tutto mischiato.

Andrea: Non hai mai smesso? Mi pare che tu sia sempre stato costante.
Marc: Si, lo faccio da sempre e pian piano ho imparato a gestirla. È sempre stata una passione fin da quando sono pischello, non è mai stata una roba di trend, quindi ci sono dei momenti in cui magari non ho cazzi e non lo faccio e ci sono dei momenti in cui sono infottato di brutto. Di media avrò fatto 250 pannelli all'anno, per me sono ancora pochi!


Andrea: Beh adesso stai andando, no?
Marc: Si si, in 'sto periodo qua sto andando abbastanza. Becco tanto i Sabo che sono infottati come dei 16enni, ma anche il Frize. Quando son preso bene che ho tempo faccio 4-5 pannelli a settimana.



Andrea: Quando hai iniziato?
Marc: 2005. Da ragazzini stavamo in stazione e capitava di vedere Mind e Rud che facevano i backjump, da lì siamo impazziti.

Andrea: Cosa vuol dire 152?
Marc: È il km della tange che passa da noi! Prima era BZK152 ma poi Lemon ci aveva rotto il cazzo perché BZK lo scriveva anche lui. Io a esser sincero ai tempi non sapevo neanche chi fosse, ma per rispetto poi è rimasto solo 152.

Ciao cigarette lighter cartina filtri? ci chiede, e noi rispondiamo in coro No no no, grazie!

Sasha: Quindi hai iniziato coi flop?
Marc: In realtà ho iniziato proprio con le tag, infatti Marc era per quello, da marker! Solo tag, marker, pischellissimo con lo zainetto.


Sasha: Quando hai iniziato avevi già reference straniere?
Marc: Non posso nascondere di essere nato nella generazione dei graffiti su internet, andavo su forum come Bombersboard, che forse era di Nemco. Però devo dire che i miei idoli sono rimasti quelli negli anni: Tomcat, un sacco di gente di Milano, WCA, VDS, la scena di Oslo, ma anche gente old school da cui magari non prendo ispirazione che però mi ha sempre motivato, tipo Dare. E poi un botto di gente di Parigi: i NAV, i PAL, gli FD.
Dopo qualche anno ho lì passato un periodo. Ricordo che una volta in metro abbiamo incontrato un cleaner. Ci siamo un po’ presi male ma poi siamo andati a parlarci per chiedergli se fosse un problema se avessimo pittato e alla fine è saltato fuori che era un tipo degli UV. Parigi e' un posto molto diverso da Milano, la gente litiga per niente, è un po' oscuro per certi versi ma c'è una scena incredibile. Sono tornato perché è arrivato il covid.

Anna: Un’altra città in Europa dove vivresti volentieri?
Marc: Ad Amsterdam, anche Atene spacca, a Parigi ci tornerei solo da ricco ahahahah andrei in Polonia, per me è megaunderrated! Sono stato un mese a Danzica perché ero andato a trovare una tipa ed è scoppiato il covid, allora sono rimasto bloccato lì. È tutto nuovo perché è stato tutto restaurato con i fondi dell’Unione Europea, c’è pure il wifi sul tram. M’hanno anche preso, ho fatto 36 ore dentro.

Anna: No! E com’è andata?

Marc: Stavo facendo dei throw up in strada e un tipo in bici ha chiamato. Comunque lì hanno proprio i banner pubblicitari che dicono di chiamare se vedi qualcuno che sta scrivendo in strada o rubando. Tra l’altro noi stavamo anche bevendo in strada, che neanche si può fare, il tipo ci ha seguiti in bici, abbiamo pittato, ci siamo fermati in un altro bar a bere e ci hanno blitzato lì. È stato un po’ sbatti. Poi alla fine dentro non è che ci sia molto da fare, non sai che ore sono, è un po’ peso, però sai anche che non ci stai un mese, semplicemente stai lì e aspetti. Alla fine 36 ore. A un certo punto han buttato dentro un energumeno gigantesco, gli faccio: “Speak english?”, non ha neanche risposto!

Anna: Tu fai un po' di tutto, se dovessi scegliere tra tag, throw up, pannelli, cosa sceglieresti?
Marc: throw up in strada, noi facevamo soprattutto la street. Non essendo della città, avevamo un approccio meno spontaneo e quotidiano, ma più premeditato, preparavamo gli spot, i colori, la action. Essendoci meno gente in provincia, le persone si affezionano a ciò che vedono. Da noi non c'è il mito di Milano, non c'è l'ambizione di essere ovunque. Lo noto un po' in tutte le generazioni di writer della zona.
Per me fare i graffiti è una cosa molto istintiva. Negli anni mi sono resto conto che anche se mi mettessi a fare le bozze per ogni volta in cui dipingo, quello che mi rimane nell'atto è solo un dettaglio di quella bozza. Non ho l'ambizione di fare un masterpiece con la foto incredibile, è una cosa che mi viene di getto, ho i miei trick che sono gli unici effettivi paletti che ho. Viviamo di troppe regole, se dipingo devo essere libero e devo divertirmi. Comunque il mio stile è sempre stato megasemplice, senza troppe cose, classica, di getto. Poi magari ci sono periodi in cui magari aggiungo qualcosa di particolare, ma in generale ho sempre voluto fare cose in cui si vede che mi sono divertito. Non ho mai avuto l’ambizione di diventare il capo di Milano, cioè che cazzo vuol dire quella roba. L'importante per me è l'essere riconoscibile, attraverso il tratto o semplicemente gli spot che scegli o come fai le cose in generale.

Sasha: Che rapporto hai con la serialità? C’è gente che fa sempre lo stesso pezzo, la stessa tag, come la vivi? Vuoi sempre fare cose diverse?
Marc: L’importante è che sia riconoscibile. Una cosa che mi ha fatto megapiacere è che anche cambiando tag la gente ha sempre capito che ero io. E non è una questione solo di stile secondo me: è anche come lo fai, dove lo fai.

Andrea: Come mai la tag Catch?
Marc: è per far paura alla gente, prima o poi succede, è un reminder! Ahahahah poi alla fine facendo Marc per un bel po’ di anni mi sono incastrato in delle forme e volevo cambiare. Ora mi sembra di avere più flow, più istinto.



Andrea: Quando ho visto il catch sfondo argento su Milano Finest ho pensato che era la prima volta che ho visto funzionare questa cosa
Marc: Questa roba qua è un tabù un po’ nostro dei 152. Era successo che mille anni fa abbiamo fatto sto cazzo di sfondo argento perché era l’unico colore che ci era rimasto lo abbiamo fatto per necessità. Poi per un anno la gente ci diceva “oh minchia che bomba che sto sfondo” e noi triggerati. Da lì è diventato il nostro marchio. Funziona perché ti tira fuori tutto il resto se lo metti tutto intero, non puoi metterlo a pezzi. Comunque per me l’argento è il colore più versatile.


Sasha: E invece hai qualche reference fuori dai graffiti per i graffiti? Cosa ti ispira?
Marc: Qualsiasi cosa. Mi piacciono un botto gli ingressi dei palazzi di Milano, mi colpiscono gli accostamenti di colore coi riflessi di luce che vedo camminando. In questo senso credo che se non mi fossi avvicinato ai Graffiti non avrei avuto questo filtro sulla realtà, ho un approccio un po' fotografico. Ad esempio magari una sera vedo un pavimento blu scuro con il riflesso di una luce al neon allora mi ricordo e metto lo sfondo desaturato con la luce a tono che spara.


Sasha: Cosa diresti a qualcuno che si sta approcciando in questo momento ai graffiti?
Marc: Direi di non entrare nel cliché. Credo che essere troppo accademici, farsi ispirare solamente dai graffiti ed entrare nel circuito del guardare gli altri e basta, sia troppo semplice.
L'importante è lasciarsi andare alla parte divertente, all’espressione di se stesso e fare le cose perché ti piacciono. C’è tanta comunicazione sui graffiti oggi ma bisogna fare un po’ quello che si vuole!

Sasha: Qual è la parte divertente?
Marc: Decidere cosa fare, beccare gente con cui vuoi disegnare, magari aggiungere qualcosa che non hai fatto prima, bere birra e finire gli spray in giro. Basta, mi piace tenerlo genuino!

Stoppiamo la registrazione dopo più di un’ora, dopo aver registrato anche teorie e complotti che è meglio non riportare. Ognuno dopo l’intervista prende la sua strada, tutti soddisfatti e col sorriso, è stato tutto molto naturale, spontaneo.
Marc è uno di quelli che scrive tutte parole e le scrive da tanto tempo: abbiamo imparato che il suo nome è stato per tanto quello di strumento dei graffiti, il marker, e ora è un memento per tutti gli altri writer, catch. Non sappiamo se ci abbia mai pensato, ma se il prossimo dovesse rappresentare il suo approccio al game sarebbe sicuramente Fun, anche se non sappiamo se gli piacciano quelle tre lettere da disegnare

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